Feb32022#RoadToSmartBakingDal 2018 Simò Pizza porta l’Italia a New York con due location. La più recente, nel cuore di Greenwich Village, è realizzata su progetto del noto architetto Büro Koray Duman che ha scelto di rendere l’intera cucina a vista, compresi i due Neapolis, il punto focale intorno a cui si sviluppa l’intero format. A guidare l’intero ingranaggio Simone Falco, un passato da ingegnere convertito a pizza chef, oggi imprenditore di successo, che abbiamo intervistato in una piacevole chiacchierata transoceanica. Parlaci della tua avventura a New York: come nasce il tuo locale? Sono arrivato in America attraverso Rossopomodoro, con cui ho aperto il primo Eataly a New York nel 2010 e con cui tuttora collaboro come capo della divisione America. Nel 2018, invece, nasce Simò Pizza, un concetto di pizzeria un po’ veloce: stesso prodotto, stessa qualità, stessa quantità, stessi ingredienti ma ad un prezzo più basso, ottenuto risparmiando sul servizio. Da noi, infatti, non trovi tavoli molto eleganti, apparecchiati con bicchieri alti ad esempio, bensì un clima da “trattoria napoletana”. In una città come New York una margherita arriva a costare anche 24 $, un prezzo decisamente alto, la nostra invece costa 10 $: non è ancora lo stesso prezzo di Napoli, ma è molto più basso della media. Con Simò Pizza abbiamo cercato di ricreare il concept di un chiosco napoletano: all’interno vi è tutta la parte di produzione, dove si trovano due Neapolis, con all’esterno anche uno splendido dehors. I forni sono il centro focale di tutta la struttura e anche da fuori è possibile vedere tutto il fermento degli operatori al lavoro. Oltre alla pizza, cosa sfornate con Neapolis? I due Neapolis6 sono il nostro “tempio”: sono l’unica fonte di cottura di Simò Pizza quindi, oltre alla pizza napoletana, ci cuociamo anche polpette, gnocchi alla sorrentina e molte delle farciture che abbiniamo pizza… ci stanno dando grandi risultati! Le polpette le cuociamo a 220°C, le finiamo prima e poi le “brasiamo” nel pomodoro, perché facciamo una lunga cottura, così da renderle molto morbide. Normalmente le polpette napoletane dovrebbero essere prima fritte e poi ripassate nel sugo, noi invece facciamo anche la prima cottura della carne nel forno. Vale lo stesso per il nostro gnocco alla sorrentina ultimato su Neapolis: impiattato in un tegamino di ghisa viene messo in forno con la mozzarella ad alta temperatura, così da dorarlo in superficie. Per la pizza, invece, impostiamo il forno a 450°C, 9 cielo e 5 platea, rimodulando poi a seconda delle esigenze: durante i servizi molto intensi, ad esempio, aumentiamo leggermente la potenza del suolo. D’estate soprattutto, quando aumenta la richiesta di bruschette e panzanella, l’impasto della pizza avanzato viene “arrotolato” a pane e la mattina cotto a forno spento, perché all’apertura troviamo ancora Neapolis a 270°C – 280°C dal servizio precedente, quindi riusciamo a cuocervi il pane chiudendo lo sportello, che ci aiuta a produrre la giusta umidità per farlo ben lievitare. Grazie al tuo ruolo riesci a vedere Neapolis da un doppio punto di vista, con l’occhio dell’imprenditore e con quello del pizza chef: qual è il vantaggio principale che riscontri dal suo utilizzo? La mia non è stata una carriera canonica: per un po’ di anni ho studiato, arrivando al dottorato in ingegneria elettrica, poi sono entrato in Rossopomodoro. Ad un certo punto ho pensato di realizzare un locale “piccolo”, a costi bassi e replicabile. Avendo lavorato molti anni con il forno a legna ben conoscevo tutte le problematiche che si porta dietro, soprattutto qui in America dove non è molto “digerito”. Così mi sono informato sui prodotti di Moretti Forni e ho capito che mi trovavo di fronte a degli specialisti del settore. Ho scelto Neapolis perché garantisce sempre la stessa qualità di cottura e la semplifica richiedendo minor manodopera. Non c’è bisogno di controllare le pizze o girarle, Neapolis cuoce sempre in modo uniforme. Soprattutto per me era importante trovare un forno elettrico che raggiungesse quelle temperature e riuscisse a tenerle, perché noi facciamo 400 pizze al giorno: farne 10 è facile ma quando poi arrivi ai nostri numeri… Con la legna basta inserire altra legna nel forno e sei a posto, con l’elettricità, invece, il punto di recupero del forno mi preoccupava, ma Neapolis recupera molto velocemente, permettendoci di cuocere più pizze. Ne abbiamo due perché speriamo di superare ampiamente i numeri attuali ed utilizzarli entrambi a pieno regime. Abbiamo il progetto di aprire altri punti vendita e con un’estrazione che in America è definita di “tipo 2”, in cui cioè basta che il locale faccia confluire all’esterno il flusso di aria calda semplicemente da un lato della strada, Neapolis ti consente di aprire in aeroporti, stazioni, in tutti quei posti dove la canna fumaria storica del forno a legna, con tutti i problemi dell’antincendio che comporta, sarebbe impensabile. Questo è stato il ragionamento che ho fatto da ingegnere, combinato con il fatto che la qualità del prodotto è ottima. Sul confronto con il forno a legna vale la pena fare anche un’altra riflessione: la legna, bruciando, produce umidità che viene assorbita dalla pizza. In Italia siamo abituati, mentre all’estero tutti dicono che la pizza napoletana è troppo bagnata, “soggy” per gli americani. Con il calore statico, invece, la pizza mantiene il giusto grado di umidità, prestandosi molto bene anche per il delivery, il tutto senza necessità di modificare l’impasto. La pizza napoletana cotta nel forno a legna, invece, messa nel box per l’asporto, quando arriva a domicilio perde molte caratteristiche, nel trasporto l’impasto diventa molle, si muove tutta la mozzarella, scivola via il condimento ecc. Molti per aggirare questo ostacolo sono costretti a aggiungere all’impasto lo zucchero oppure l’olio, in modo che la base possa risultare più croccante. La nostra pizza invece è fatta solo di farina, acqua, lievito, sale e il calore ideale di Neapolis. Ritornando alla pizza, utilizzate topping particolari oppure restate sui grandi classici? Teniamo molto agli ingredienti con cui realizziamo i nostri prodotti: farina, pomodoro, mozzarella sono tutti italiani e di grandissima qualità. Tutte le nostre pizze sono con la mozzarella di bufala e lavoriamo con grandi marchi per quanto riguarda i salumi. Le nostre farciture sono quelle classiche. L’unica cosa un po’ diversa, e che va per la maggiore è la pizza cacio e pepe in cui usiamo un pecorino romano DOP, mozzarella di bufala e pepe: molto semplice ma in grado di offrire al palato la sensazione dello spaghetto cacio e pepe. I “90 secondi” del vostro payoff a cosa si riferiscono? “90 secondi” significano più cose: la promessa che l’esperienza da noi sarà veloce e “senza fronzoli”, il tempo di cottura ufficiale riportato dal disciplinare della pizza napoletana e il tempo in cui cuociamo la nostra pizza in modo che sia “fragrante ma non croccante”. Quando lo dichiaro ai giornalisti locali sono increduli, perché per cuocere la pizza americana occorrono 7-8 minuti, così mi diverto a giocare un po’ con loro chiedendogli di cronometrare la cottura e molto spesso sforniamo già in 70-80 secondi. Photo Credits Francesco Sapienza Leggi ancheDalla Basilicata alla Svizzera: la rivoluzione del pane biologico6 Dicembre 2024Il Cuore di ‘A Puteca a Firenze batte forte grazie a Neapolis22 Novembre 2024Il Segreto di Cavò a Senigallia: la tecnologia che incontra la passione6 Novembre 2024Vinarte e DieciNoni, storie di successo ad Agropoli con Neapolis3 Ottobre 2024Rocket Truck, il panino americano in giro per l’Italia4 Settembre 2024Brunda: doppio successo con quattro Neapolis gemelli8 Agosto 2024